I narratori del nostro tempo
L'esperienza artistica in un video commentato da Vittorio Sgarbi
Stefania Comaschi è consapevole di parlare a sé stessa. Pur usando uno pseudonimo divertente, Momyart,
lei si muove con una liberazione del colore da qualunque forma e anche da qualunque immagine formata.
Quindi non possiamo neppure dire “questa esperienza è informale”, perché l’informale è comunque una
forma non premeditata. Qui c’è la liberazione del colore, c’è un piacere di far nascere qualcosa che è
l’esplosione del nucleo fondamentale per cui esiste la pittura, che traduce in forme quello che la realtà
propone. E lei invece quelle forme le scompone, le fa esondare, le fa diventare come un fenomeno della
natura che non ha nessun rapporto con il controllo dell’artista. È vero che questa era anche la visione di
alcuni grandi informali americani, però mi sembra che non volendo comunicare, ma volendo essere,
esistere, far sentire un’energia dentro di lei, la sua definizione, il modo con cui lei si presenta, possa essere
una buona interpretazione delle cose che lei ha espresso. La potenza cromatica è di primaria importanza, le
opere nascono così in maniera istintiva, improvvisa: ecco, degli improvvisi cromatici, senza la pretesa, e
questo è molto importante, di veicolare messaggi specifici agli spettatori, anzi ignorandoli, perché lei
dipinge per sé, parla a sé stessa, si specchia in quei colori, come mezzo di esternazione e rappresentazione
della stessa artista. Cioè quello che vedete in Momyart è la sua anima. Lei riesce in maniera assolutamente
libera ad esprimerla davanti a noi, non per noi, ma per sé. La sua anima è la ragione della sua pittura.
Vittorio Sgarbi